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Channel: Pietro Cociancich, Autore su Patrimoni Linguistici
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Parlumm Piasintein!

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Il piacentino, com’è noto, è una varietà occidentale dell’emiliano. È parlato nella parte collinare e di pianura della Provincia di Piacenza, e ha molti contatti con l’area lombarda.

Come tante altre varietà dell’Italia del Nord, anche il piacentino rischia l’estinzione. Per questa ragione, nel 2019 è nata la campagna social Parlumm Piasintein.

Il progetto si propone di sensibilizzare all’uso del piacentino, con l’aiuto delle istituzioni. Un obbiettivo ambizioso ma decisamente in linea con le tendenze moderne per la salvaguardia delle lingue locali.

Guardate questo video per farvi un’idea!

Ho intervistato Filippo Columella, uno dei curatori del progetto, per saperne qualcosa di più.

1. In cosa consiste #parlummpiasintein? Quali sono i suoi obbiettivi?

#parlummpiasintein è una campagna per riabilitare il piacentino agli occhi delle ultime generazioni, che non l’hanno appreso in famiglia o che sono state persuase a non utilizzarlo.

Si prefigge di mostrare, coinvolgendo direttamente i più giovani e utilizzando le tecnologie del momento, un idioma attuale non per forza legato alle antiche attività agricole o un codice basso adatto solo al turpiloquio.

Purtroppo, l’idea corrente, che si ricava anche consultando alcuni spazi su Facebook, è proprio quella di un gergo utile solo per dire oscenità. Parlando di pregiudizi, mi è anche capitato di sentire dire, durante un’iniziativa a favore del piacentino che “non ha la dignità di altri dialetti”!

Ecco, se vogliamo mantenere in vita questo elemento della nostra cultura, dobbiamo dargli una nuova immagine. #parlummpiasintein è un esperimento mai tentato prima dalle nostre parti: centrare certi obiettivi non sarà facile, ne siamo consapevoli.

2. Come è nato il progetto?

Il progetto prende le mosse da un convegno organizzato dall’assessorato all’Identità e tradizione del Comune di Piacenza in occasione della Giornata internazionale della lingua madre del 2018.

I partecipanti avevano proposto tre linee d’intervento per la tutela del piacentino: una di esse era la rivitalizzazione dell’idioma attraverso le tecnologie.

3. Chi vi aderisce? Ha avuto qualche sostegno istituzionale?

Si tratta di un progetto del Comune di Piacenza, cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna, nel quale ha da subito creduto fortemente l’assessore all’Identità e tradizione, Luca Zandonella.

In questa fase iniziale abbiamo collaborato in tre, oltre ai dipendenti della biblioteca “Passerini Landi” di Piacenza.

Speriamo poi di poter proseguire e dare a #parlummpiasintein anche una vita fuori dal web. Sarà comunque un procedimento lento e laborioso.

4. Quali sono state le reazioni?

A parte le reazioni di chi ritiene che la valorizzazione delle lingue locali sia uno spreco di denaro pubblico? Ci sono solo tre polemisti accaniti e perseveranti, che criticano pur non avendo capito che #parlummpiasintein non è né un corso di lingua, né un’accademia della lingua, ma solo un’iniziativa per promuovere il piacentino.

Spiace però aver visto il quotidiano cittadino avvallare le critiche infondate di uno di questi contestatori e soprattutto accompagnare la nostra risposta ad un editoriale in cui – neanche troppo velatamente – la nostra iniziativa viene associata all’indipendentismo padano degli Anni ’90 del Novecento.

Il mio timore è quello che i genitori non diano più il consenso alla partecipazione dei figli ai video o ai mini concorsi per evitare che finiscano nelle dispute mediatiche o, peggio, che vengano associati a programmi politici.

Il messaggio che vogliamo veicolare è quello di non vergognarsi del piacentino, un bene meritevole di tutela. La secessione della Padania non c’entra niente.

Purtroppo, non è stata compresa l’unicità della cosa: un assessore di trent’anni che s’impegna per cambiare la percezione del piacentino e per farlo conoscere ai giovani.

5. Come valuti la situazione linguistica in Emilia Romagna? Pensi ci possa essere in futuro una convergenza tra le varie associazioni provinciali?

Vista la posizione geografica del Piacentino, ammetto di conoscere poco ciò che avviene oltre Parma, conoscendo meglio certe realtà lombarde sotto diversi aspetti.

Dal punto di vista linguistico, credo che l’assenza di una città capace di irradiare un modello di riferimento sull’attuale regione e il policentrismo del territorio abbiano fatto sì che i dialetti vengano percepiti comunemente come entità scollegate e non come parte di uno stesso sistema linguistico.

Ciò penso sia vero soprattutto nella nostra zona, dove, alla luce delle specificità piacentine, le varietà della parte centro-orientale della regione suonano come qualcosa di lontano, estraneo e poco comprensibile.

Forse è per questa storica peculiarità emiliano-romagnola – mi riferisco al vigore di diversi dialetti municipali, quelli almeno dei capoluoghi provinciali – che una coscienza linguistica potrebbe essere più debole che altrove e più faticosa ad affermarsi.

E forse, proprio in virtù di ciò, anche la valida Legge regionale per la salvaguardia dei dialetti dell’Emilia Romagna non contempla ancora le definizioni di lingua emiliana e lingua romagnola.

Ma si sa: parlando di riconoscimento linguistico possono entrare in gioco tanto resistenze quanto forzature ideologiche. Non sarà un caso che uno degli elementi di critica a #parlummpiasintein è stato proprio l’aver introdotto l’idea di lingua emiliana.

Quanto al resto, ho saputo genericamente di contatti tra alcune associazioni culturali impegnate sul fronte dei dialetti, ma non so come stiano evolvendo.

Una convergenza tra di esse è sicuramente auspicabile, magari proprio nell’ottica di dare una visione più comprensiva e meno frammentaria della lingua, senza voler negare le specificità che essa assume nei vari territori.

Soprattutto nel Piacentino. Posso dirlo con orgoglio campanilista?

Questo post Parlumm Piasintein! è stato pubblicato su Patrimoni Linguistici.


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